Questa sezione comprende materiale vario (ricordi, testi, foto, miei articoli, mie trasmissioni radio, suggerimenti di ascolto…) relativo alla passione che mi ha accompagnato per tutta la vita – appunto, la musica.
Francamente non saprei rispondere.
Se parto dalla genealogia, non ho grandi cose da segnalare. Certamente non so quanto fosse legato alla musica il mio antenato più remoto finora individuato con certezza da mio fratello, esperto di questa materia (si chiamava Alberto de Uguzzioni, e compare in un documento del 1231, in cui si dice anche che era “figlio di Gerardo”…).
Qualcosa, comunque, posso citare, o almeno qualcosa di cui io sono al corrente.
Mio nonno paterno era campanaro. E come lui lo fu il suo secondo figlio, mio zio Angelo. Uno dice campanaro, e sembra niente. In realtà, quello del campanaro è un lavoro molto difficile e delicato, se fatto bene (e mio zio lo faceva molto bene, e vinceva un sacco di gare, come testimoniato dalle coppe che i suoi figli hanno conservato). Un lavoro che richiede creatività (per non diventare subito ripetitivi, con solo 4 o 5 note a disposizione…), tempismo, energia, sicurezza di sè…
Mio padre e mia madre cantavano entrambi bene. Erano molto intonati, e le loro voci si facevano ben sentire in chiesa, anche quando il coro era numeroso.
Quanto a me, non credo di aver rivelato doti musicali precoci o strabilianti: semplicemente avevo orecchio (ma non l’orecchio assoluto), avevo buona memoria musicale e cantavo bene anch’io, come i miei genitori e anche come i miei fratelli, si sarebbe visto poi.
La vera storia della mia vita musicale comincia verso il 1944/45, quando entra in casa un pianoforte.
Si era in guerra, e in quelle ultime, confuse fasi le città erano bersagli di bombardamenti. Così molte famiglie “sfollavano” nelle campagne, portandosi dietro i mobili che potevano. Una di questa famiglie venne a vivere non lontano da noi, e si ritrovava con un vecchio pianoforte verticale che non sapeva dove mettere, perciò lo mise in vendita a basso prezzo. Mio padre lo venne a sapere, e decise di comprarlo: spazio non ce n’era neanche da noi, e soldi nemmeno, ma lui – non so come – ci riuscì. E così ecco che un giorno, trasportato da un carro tirato da un cavallo, arriva il pianoforte. Che viene messo, diciamo, nel soggiorno-cucina, cioè l’unica stanza del nostro “appartamento” (a parte una camera da letto, praticamente in soppalco).
Io lì per lì non ne faccio nulla. Per qualche tempo sarà solo mio padre a inventarsi e suonarci degli esercizietti per suo diletto personale.
Occorre aspettare la fine della guerra perché scuole e trasporti comincino a funzionare. E a quel punto io posso cominciare a prendere lezioni di piano – quello che mio padre aveva in mente quando comprò lo strumento.
Il mio primo insegnante si chiamava Vittorio Barbieri. Di lui non ricordo molto: aveva pochi capelli biondi, ed era – almeno in larga misura – non vedente.
Io cominciai ad andare a lezione da lui verso la primavera del 1946 (lo vedo dalle date che lui segnava, nei libri di musica che ancora conservo, sui brani che mi assegnava da studiare). Andarci non era semplice: io abitavo in campagna, a Masone, , a soli 7 chilometri dalla sua casa in Reggio città, ma ero piccolo, non c’erano autobus, e i miei non mi lasciavano andare da solo con i soli mezzi disponibili, bicicletta e/o treno. Credo che mio padre tornasse appositamente a casa all’ora di pranzo (mezz’ora di bici) per prelevarmi e portarmi dal maestro. Fatta la lezione, aspettavo che mio padre uscisse dal lavoro per tornare a casa con lui. Così partiva un intero pomeriggio….Di lezioni, per queste difficoltà e anche per il costo, probabilmente non ne prendevo più di una per settimana.
Poi mio padre riuscì a farmi iscrivere ad una vera e propria scuola pubblica, l’Istituto “Achille Peri”. E così, a partire dall’anno scolastico 1946/47, cominciai a frequentarla regolarmente, fino al diploma, una decina d’anni dopo.
L’Istituto Achille Peri, che era già attivo prima della II^ guerra mondiale, aveva ovviamente chiuso i battenti nel periodo bellico, e poi ripreso a funzionare dopo la Liberazione.
La scuola era comunale, e – pur non essendo “pareggiata” - seguiva gli stessi programmi dei Conservatori, le scuole musicali statali. Allora si chiamava “Istituto Musicale”, poi – molti anni dopo – diventò “Liceo Musicale”.
Era situata nel corpo del Teatro Municipale (in seguito il Romolo Valli), all’ultimo piano (qualcosa come 90 gradini) di una scala che si imboccava da una porticina sul lato dei Giardini Pubblici.
Era diretta, e lo fu per tutto il periodo del mio corso di studi, dal Maestro Giovanni Ferraboschi, che vi era anche insegnante di violino. Altro insegnante di violino era il M° Borciani, padre di Paolo Borciani, che poi sarebbe diventato il fondatore e l’anima del Quartetto Italiano.
Accanto allo strumento principale, la scuola prevedeva all’inizio la frequenza ai corsi di Teoria e Solfeggio, che frequentai per i tre anni regolamentari sotto la guida del M° Alfredo Mamoli.
Il mio insegnante di pianoforte, invece, si chiamava ancora Barbieri, ma questa volta Aurelio, Aurelio Barbieri.
Questa è una sua foto, più o meno di quel periodo
Aurelio Barbieri
E qui c’è un’altra sua foto, più giovanile, allegata ad un articolo commemorativo apparso sul “Resto del Carlino” di Reggio Emilia nel 1978, in occasione della sua morte.
L’articolo è un po’ ingenuo e non va molto a fondo nella vita del maestro, però qualcosa la dice
Quando io ero ragazzo, su di lui circolavano anche altre notizie. Che aveva studiato a Bologna, ad esempio, e forse sotto un insegnante illustre (della scuola di Martucci?). Che da giovane, per sbarcare il lunario al tempo del cinema muto, aveva suonato spesso come accompagnatore sotto lo schermo. Che aveva rinunciato ad una carriera di concertista, pur avendone tutti i requisiti, perché soffriva di panico in pubblico. E che aveva un grande rispetto per il jazz (stimava molto il clarinettista Hengel Gualdi, del cui fratello Giancarlo lo stesso M°. Barbieri era insegnante di piano)
Non aveva un bel carattere, questo va detto. Aveva invece un carattere severo ed esigente, che non accettava compromessi. E anche impetuoso, per cui al povero allievo svogliato o impreparato potevano capitare terribili sfuriate, con libri sbattuti sul piano o perfino il coperchio della tastiera chiuso violentemente, il che ti svegliava di colpo, se non altro per salvarti le mani…. Io, da bambino, ne ero terrorizzato, e quando era ora di andare a lezione avevo spesso il morale sotto le scarpe…
Però poi, col passare degli anni, ti accorgevi che Barbieri ti insegnava davvero a suonare bene il pianoforte. E che la sua ruvidezza si stemperava in tenerezza e orgoglio non appena un suo allievo si esibiva in pubblico e riceveva un caloroso applauso…Per arrivare a questi “applausi indiretti”, si prodigava non poco, e ti dava ripetizioni private e gratuite a casa sua, in cui aleggiava un odore irripetibile, quello che per me era l’odore dei suoi due pianoforti a coda.
Barbieri era anche un grande organista, e fu con gioia che riuscii a farlo venire a suonare l’organo in Duomo a Reggio per il mio matrimonio. Fu l’ultima volta che lo vidi.
Solo molti anni dopo seppi della sua morte.
Ho dedicato tutto questo spazio al M° Barbieri perché quello che lui mi diede fu un imprinting fondamentale per tutta la mia preparazione, le mie idee e perfino per il mio gusto e le mie preferenze in campo musicale.
Ho frequentato l’Achille Peri dal 1946/47 fino al Diploma, nel 1956, e nel frattempo sostenevo anche diversi esami (Quinto corso, Armonia, Ottavo corso) presso il Conservatorio di Parma, per dare valore legale ai miei studi musicali. Di questo valore legale, però, non mi sono mai più servito.
Segnalo qui alcuni delle cose principali avvenute durante il decennio dei miei studi musicali. Naturalmente, nello stesso periodo, frequentavo le scuole normali (Elementari, poi Medie Inferiori e Superiori, e anche il primo anno di Università) : di questo parlerò nella Sezione Personale di questo sito.
1953. Concorso Provinciale per giovani Pianisti
Questo concorso venne bandito in gennaio
Fui iscritto quasi naturalmente: a Reggio E. eravamo in pochi a studiare il pianoforte, e quei pochi frequentavano quasi tutti l’Achille Peri, che aveva sponsorizzato il concorso. In febbraio ci furono le eliminatorie, e poi la prova finale dei vincitori, sotto forma di concerto in pubblico.
Nel programma del “Concerto dei vincitori”, pubblicato qui sotto, ho lasciato in chiaro, oltre al mio nome, anche quello di una ragazzina che risultava fra i vincitori della I^ categoria, “Giovanissimi pianisti”. La ragazzina si chiamava Ada Ferrari, e dopo una dozzina d’anni diventò mia moglie…
Nella II^ categoria, quella dei “Giovani pianisti” (in realtà quelli più anziani”), credo che tutti si aspettassero la vittoria di G.B.: era più vecchio di me di un anno, era alto e serio, insomma quasi un uomo, e molto affidabile…Però, durante il concerto, fu colto da panico, si fermò ben due volte… e la giuria e il pubblico non poterono non assegnare a me la vittoria nel gruppo dei pianisti “giovani”. Un trionfo inaspettato, che tra l’altro esorcizzò per sempre la mia paura del pubblico. Cosa di cui si accorse anche il M° Barbieri, che da lì in poi seppe di poter almeno contare sulla mia tranquillità e disinvoltura sul palcoscenico. E mi premiò anche con un 8 in pagella, a fine anno scolastico.
Reggio Emilia, 28 maggio 1953. Il sindaco Campioli mi consegna un premio di un’istituzione cittadina
1954. Gita scolastica dell’Achille Peri a Torre del Lago (casa di Puccini) e Firenze
Me ne rimane un ricordo fotografico, in cui compaiono diversi insegnanti e colleghi di quel periodo
Firenze, 28 maggio 1954
1956. Conclusione degli studi musicali
A fine anno, il solito saggio pubblico.
Al saggio suonai un difficile Toccata e Fuga di Bach-Busoni. E sembra anche con discreto successo, a leggere la stampa cittadina.
E finalmente arrivarono la pagella finale…
e il diploma…
Allievi dell’Istituto Achille Peri.
Per completare il quadro rievocativo dei miei anni all’Achille Peri, scrivo qui i nomi di alcuni degli allievi da me conosciuti allora e di cui conservo ancora un minimo di ricordo, con qualche dato informativo, se e quando ce l’ho.
Essendo il pronipote del parroco a Masone, e vivendo nell’edificio della Canonica, fui chiamato ben presto- avrò avuto 10 anni…- a suonare l’armonium durante le funzioni religiose. Cominciai accompagnando facili canti popolari, e anche composizioni sacre sempre facili, come la “Messa Piana”. Lo “zio prete” mi dava anche qualche soldino, che mi serviva da paghetta, visto che in casa mio padre non era sempre in grado di darmela.
Poi il servizio divenne via via più complesso: Messe più difficili, con cori a più voci (ricordo
quello del M° Giaroli), a volte anche con altri strumenti (archi, soprattutto: con me suonavano spesso dei violinisti che si chiamavano Modini, Ganassi, Gabbi,..), tanti matrimoni (quante marce nuziali di Mendelssohn e di Wagner, quante Ave Marie di Schubert…), non solo più a Masone, ma anche in tante parrocchie della Diocesi (Sesso, Calerno, Campegine, Canali…). I trasporti erano difficili: non c’erano praticamente auto private, e i mezzi pubblici non collegavano certo i paesini fra di loro, così questi servizi in trasferta erano laboriosi, e dovevo andarci in bicicletta. Ricordo ancora tanti viaggi al freddo e magari sotto la neve per le Messe di Natale, con rientro a casa verso le due di notte. Comunque accettavo volentieri tutti questi incarichi, perché ogni volta venivo regolarmente pagato. E spesso ci scappava anche un succulento pranzo alla tavola del parroco e dei suoi ospiti, in occasione di importanti sagre paesane.
Sui miei diari ho segnato 15 “suonate in chiesa” nel 1957, 8 nel ’58, 11 nel ’59 e 2 nel ’60, ma sono certo di averne dimenticate più d’una.
Ho suonato quasi sempre degli armonium: degli organi – e in buono stato – ce n’erano pochi, nelle chiese di campagna. E poi suonare l’organo era difficile (registri, pedaliera…), e richiedeva studi particolari, che non avevo fatto e non facevo.
Sì, ho dato molte lezioni private, in casa mia. Le chiamo lezioni, ma spesso erano semplicemente degli accompagnamenti che facevo a persone che volevano cantare (musica lirica, più spesso musica leggera). Ho avuto uomini (ricordo il prof. Anglana, mio insegnante di educazione fisica al Liceo, che adorava cantare pezzi lirici) e donne (fra di loro, L. Lodesani, e poi anche una cantante di night club, piuttosto conturbante, che si faceva chiamare Barbara Blen), adulti e ragazzi (es. D. Sacchi).
Per un anno scolastico ho anche avuto l’incarico di insegnare musica al collegio degli Artigianelli, di Reggio Emilia.
Beh, oggi si chiamerebbe almeno “pop”, se non in molti altri modi. Di fatto, si trattava spessissimo di canzonette, e solo talvolta di brani “virtuosistici” per pianoforte, di natura classico – leggera (tipo il Concerto di Varsavia di Addinsell, o la “Danza delle spade” di Kachaturian trascritta per piano…). Credo di aver suonato canzonette per la prima volta intorno ai 10 – 11 anni, per una festa parrocchiale a San Maurizio (parroco Don Angelo Bonacini). Emozione e anche applausi, che – sia detto una volta per tutte – mi hanno sempre fatto piacere.
La cosa divenne più frequente col passare degli anni, e sempre all’insaputa del M° Barbieri, che avrebbe sicuramente disapprovato.
Verso i 16 anni, in quarta Liceo Scientifico, misi su un’orchestrina con alcuni colleghi studenti, per lo spettacolo – diciamola rivistina – di fine anno. Allora era diventato consuetudine farlo, partecipando anche ad una specie di competizione fra le varie scuole cittadine, nel locale teatro S. Prospero.
L’orchestrina era composta, oltre che da me, da Roberto Bosisio (fisarmonica), Paolo Lanzoni (altra fisarmonica e occasionalmente chitarra), Umberto Guiducci (batteria) e Paolo Zannoni (contrabbasso). Più tardi venne aggregato come esterno Cisco Poli (sassofono), mio collega studente all'Achille Peri. Il gruppo si chiamava, su suggerimento di P. Zannoni, Complesso Cabernet, dal nome di un vino da noi apprezzato.
Con questo complessino facemmo qualche spettacolo, che registrò anche qualche onore della cronaca – v. articolo qui sotto. Uno di questi spettacoli, che fece diverse serate in provincia, era organizzato e diretto da D. Piombi (sì, quello della TV) e da L. Pini. Fra gli attori e autori di testi spiccava P. Formentini, poi diventato famoso. Per noi dell’orchestrina era anche un’occasione per vedere da vicino alcune fra le “bellissime” della Magistrali di Reggio Emilia (I. Segré, T. Magnavacchi,…), che facevano concorrenza alla "nostra" R.Polito (del nostro Liceo).
Il vero colpo grosso piazzato con il complesso Cabernet fu una stagione (quasi un mese, dal 26 luglio al 19 agosto 1956, cioè un anno dopo la mia maturità), a Malè, in Val di Sole, presso i locali dell’Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno.
Eravamo in quattro – C. Poli, U. Guiducci, P. Zannoni e io, poiché gli altri non poterono venire. E ci divertimmo un mondo, oltre che percepire una – sia pur modesta – retribuzione e passare un mese di vacanza in Trentino, spesati. Qui ci sono alcune foto che ricordano e testimoniano…
1956. Malé
1956. Malé
1956. Malé
1956. Malé
Dopo quell’ingaggio ebbi modo di suonare ancora, qua e là – ma sempre per spettacoli o serate singole – con i miei amici del complesso originale, amici ai quali talvolta si aggiungevano o più spesso si sostituivano altri elementi.
Di scritture vere e proprie, però, non ce ne furono più fino all’estate successiva, quella del 1957.
all’Hotel Corallo di Marina Romea, in occasione delle sua inaugurazione.
Tornato a Reggio, ripresi gli studi universitari e – in parallelo – le mie prestazioni nel campo della musica leggera, con formazioni varie, talvolta ospitato da qualche orchestrina che traeva vantaggio da un pianista anche occasionale. Gli tornava comodo, in particolare, avere un pianista che sapesse leggere la musica, anche a prima vista, e magari trasportare di tonalità, e magari anche suonare senza spartito, quando c’era come ospite importante qualche “cantante della RAI”.
Fu così che mi capitò di accompagnare, più o meno fra il 1957 e il 1960, molti di questi cantanti famosi, e anche tanti altri meno famosi. Di molti di loro ho conservato foto con dedica (che, da buon provinciale, mi facevo fare). Metterò qui qualche foto, anticipando comunque alcuni dei nomi più importanti:
Nicola Arigliano, Paolo Bacilieri, Nuccia Bongiovanni, Carla Boni, Nella Colombo, Giorgio Consolini, Wilma De Angelis, Jula De Palma, Giustino Durano, Gino Latilla, Corrado Lojacono, Miranda Martino, Vittoria Mongardi, Giuseppe Negroni, Nilla Pizzi, Arturo Testa, Tonina Torrielli, Claudio Villa
Con rammarico non riuscii ad accompagnare né Mina né la reggiana Iva Zanicchi, che allora erano ai loro esordi (Mina come Baby Gate).
Con Con N. Arigliano e V. Buffoli
Ci fu anche un’altra scrittura, per un periodo abbastanza lunga (4 mesi, da ottobre 1958 a gennaio 1959). Si trattò di un servizio di caffè-concerto, che si teneva nella tavernetta dell’Hotel Astoria alla domenica pomeriggio. Con me suonavano dei colleghi dei quali non ricordo nemmeno i nomi, fatti salvi quello della cantante (Adriana) e del violinista (Conti, un grande professionista che si era fatto le ossa a bordo di transatlantici e navi da crociera. Sapeva suonare tutto e di tutto, a memoria, con una sicurezza e una simpatia accattivanti, scendendo spesso fra il pubblico). Il repertorio era un po’ diverso da quello della musica da ballo allora in voga: tanti brani di musica classico-leggera, anche di fine 800-primo 900, a volte anche qualche pezzo classico (es. la Meditation dalla Thais di Massenet, o il mio Concerto di Varsavia), più qualche canzone melodica…Una bella esperienza, comunque. Questa è l’unica foto di allora che mi sia rimasta.
Sempre negli anni 1957-1960 suonai molte volte in locali da ballo, in night clubs e in tanti Festival dell’Unità. Sui miei diari di allora (ebbene sì, tenevo un diario, se non altro per il versamento dei contributi sindacali ENPALS), ho registrato almeno 9 esibizioni nel ’57, 21 nel ’58, 36 nel ’59, 26 nel ’60 e 6 nel ’61, fino alla laurea. Senza contare le stagioni a Marina Romea e Castrocaro.
E ho suonato con varie formazioni, più o meno volanti, e varie orchestre e orchestrine: Learco Gianferrari, Trinidad, Guidetti, Mocambo, Pattuglia Gaia, Filmer…). Ma rimasi stabilmente e a lungo, quasi due anni, come componente fisso nella formazione di Amos Ferrari, i cui componenti stabili erano, oltre a me: Amos Ferrari (titolare e fisarmonica), “Peccio” (tromba, purtroppo non ricordo né il nome né il cognome), Cisco Poli (sax e clarinetto), Celso Bagnoli + (batteria) e Oscar Morellini (Cantante). Dunque un quintetto +1, o un sestetto, che chiamare”orchestra” era un po’ pretenzioso….oggi lo chiameremmo complesso, o gruppo…
Questa è una foto fatta con quella formazione
Questa che segue invece è la formazione con la quale noi dell’Orchestra Amos Ferrari facemmo una bella quindicina a Castrocaro Terme, dove eravamo stati preceduti da Secondo Casadei, allora famosissima orchestra romagnola. Come si vede, il batterista non era Celso, bensì M. Di Bella, perché Celso non poteva assentarsi dal lavoro così a lungo. Il periodo fu durante l’estate del 1960. Un’altra esperienza molto divertente e appagante.